A Carnevale ogni Misseri vale?

di Gianna Caiazzo

Se alcuni anni fa, nel periodo di Carnevale, vi è capitato di vedere passare un vero pony con un pennacchio sulla fronte, con in sella una damina in abito bianco, non vi è dubbio, eravate a Napoli, in uno dei quartieri più popolosi della città. Eravate nel quartiere Sanità. Qui, come in altri quartieri popolari, le mamme non si limitano a conservare la tradizione di mascherare i propri bambini, ma si esibiscono in trovate originali e ad effetto. La fantasia e l’inventiva, sfociano orgogliosamente nell’ostentazione e molto spesso nella competitività. Ecco, quindi, che non si esita ad impegnare un cavallino, tenuto da un fiero “papà palafreniere”, per portare in giro una piccola Elisa di Rivombrosa. Tutto curato nei minimi particolari, dunque, ritualmente immortalato poi da un sapiente obiettivo nei vari studi fotografici della zona. Posso raccontarvi di mini muratori, corredati di berrettino di carta, mini carriola, mini sacchetto di cemento e addirittura (udite, udite!) la marenna (la merenda), il cartoccio col meritato panino, sotto al braccio. Per certi versi, ritengo che questa espressione di creatività sia anche apprezzabile e folcloristica. Sono personalmente convinta, inoltre, che proprio dall’estremizzazione di questa tendenza sia partita l’idea del titolare di un negozio di lingerie di questo quartiere di realizzare il costume di zio Michele Misseri. Penso che non si sia trattato di una provocazione, come ha sostenuto poi il commerciante, cercando maldestramente di correre ai ripari, ma solo di un tentativo (di pessimo gusto) di stupire, di attrarre l’attenzione sul proprio negozio, di solleticare le ambizioni di qualche mamma. Certo, solleticare le ambizioni di qualche mamma. Perchè se credete che una mamma acquisti un abito di Carnevale così macabro, per ironia, vi sbagliate di grosso. Un abito così si acquista per stupire a propria volta (forse non  per intento dissacratorio) ed è questo che maggiormente mi colpisce e mi rattrista. Mi rattrista leggere in tutto questo, ancora una volta, lo sfrenato desiderio di stupire ad ogni costo che porta spesso a fare anche scelte contro il buon senso, ed il sentire comune. Da parte del commerciante, un casereccio tentativo di emulazione delle operazioni di marketing ad alto livello, spesso irriverenti, a cui purtroppo siamo abituati. Un’opportunità, invece, per le mamme, di fare effetto su amici, parenti e passanti. Sembra che, vista l’attenzione che i mass media hanno dedicato alla vicenda, citando tanto di nome del negozio, l’operazione sia riuscita benissimo, forse anche oltre le più modeste aspettative dello stesso titolare. In quanto alle mamme, non è da escludere che, quando sarà il momento, troveranno qualche giornalista appostato dietro un cespuglio dei Colli Aminei pronto a riprenderle a spasso con i loro “Misserini”. Se avranno il coraggio di far indossare ai loro pargoli il costume incriminato, dite? Magari ora più che mai. TV docet.

 

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