di Gianna Caiazzo
Spesso i napoletani si concedono la licenza di inserire sinanche nelle loro conversazioni in italiano qualche termine o modo di dire in ‘dialetto’. Questo sembra essere un modo per dare inicisività ad una parola o ad una frase rendendola più immediata, esaltandone la familiarità.
Si tratta di espressioni il cui corrispettivo italiano non avrebbe la stessa efficacia o, in alcuni casi, la stessa tollerabilità.
“Si’ proprio ‘nu figlio ‘e ‘ntrocchia!”, ad esempio, è un eufemismo accettato con serenità da tutti. “Si’ ‘nu figlio ‘e càntaro” è un po’ diverso, un po’ più irriverente. Appellare così qualcuno significa fare delle analogie tra i suoi ed un pitale. Ma se sapessero che figlio ‘e ‘ntrocchia è la corruzione di figlio di dentro alla rocchia cioè di dentro al gruppo, di uno qualsiasi, di padre incerto, forse sarebbero meno sereni. Lo stesso vale per “puozze sculà!” che fa addirittura sorridere ma altro non è che un augurio di morire e di essere messo seduto sulle cantarelle, sedili in pietra forati che raccoglievano gli umori del cadavere. A saperlo, sarebbe meglio sentirsi augurare il caro, semplice “Crepa!”. In alcuni casi sono termini puramente dialettali senza una loro precisa traduzione:
“Addo’ vaje parianno?” Dove vai pariando? Pariare non si trova nel vocabolario italiano ma in quello napoletano vuol dire digerire, smaltire.Visto che il termine si usa per indicare uno stato di rilassamento, di nullafacenza, di svago, di trastullo, potrebbe effettivamente essere una derivazione del significato originale. Ma non è escluso che possa venire anche da papariare, guazzare al modo delle papere.
In molti casi un’espressione viene troncata per lasciare al proprio interlocutore l’opportunità di sottolineare, completandola, il proprio coinvolgimento nel discorso, di contribuire al pathos della conversazione.
“E vabbe’, che vuoi fare? Storta va…“-comincia l’ uno- ”Deritta vene!” -continua l’altro-“Sempe storta nun po’ gghì!” concludono all’unisono.
Pariare e sbariare (svariare, svagarsi) sono sono alcuni dei termini che i napoletani, specialmente i giovani, introducono frequentemente nel loro linguaggio italianizzandoli simpaticamente.
La seppia, ad esempio, è associata per il suo “buttare nero” allo jettatore, ad uno che porta male.
“Si ‘na seccia!”si dice di chi vede tutto nero.”Sei una seccia!” e non “sei una seppia!” dicono i ragazzi parlando in italiano.
Anche ‘a cazzimma termine tutto napoletano che indica cinismo e cattiveria gratuita, di cui non esiste traduzione od etimologia certa (forse da collegarsi al membro maschile) viene usato cosi’ come’è : ”Tieni la cazzimma! “
Di solito un modo di dire viene introdotto dalla domanda :”come si dice a Napoli?”.
“Eh! Comme se dice a Napoli? Senza ‘e fesse nun campano ‘e deritti!” A me personalmente piace introdurli con un’ affermazione un po’ambigua proprio per calcare l’accento sulla loro tipicità e cioè : “Come si dice a Londra…”
Qualche volta, però, l’abitudine di italianizzare espressioni napoletane può creare confusione come quella volta in cui in Calabria, nel ristorante di amici, mi lasciai andare inavvertitamente a questa pratica. Riferendomi, infatti, ad un contorno in particolare scelto tra due mi feci scappare il “vezzo”di convertire il napoletanissimo “dduje dduje” che significa pochi, in “due due“, con il risultato di vedermi recapitare al tavolo due contorni per tipo.
Forse in quel caso sarebbe stato davvero meglio se avessi specificato: Come si dice a…Londra!
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bellissimo,le cantarelle ad esempio nei sotterranei del castello aragonese d’ischia ….. ciao
Mi ricordo che quando ero a Bologna in ufficio i colleghi facevano fatica a capirmi specialmente quando un pò alterata parlavo velocemente in dialetto napoletano .. loro mi ascoltavano poi dopo mi dicevano… traduci….
ed io rispondevo:- è una parola perchè tradotto in italiano non ha più lo stesso significato.
Un saluto Gianna e dolce notte!
Il sorriso, di un bambino,
così luminoso e caldo,
asciuga le lacrime, come
fossero panni stesi al sole.
20 Novembre – Giornata per i Diritti
dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Un abbraccio da Giuseppe.
Trovo che il tuo articolo sia proprio…checazzo! …come si dice a Londra… 🙂
Complimenti! E’ bello tenere in vita le espressioni “in lingua” napoletana, tanto più che da ottobre, la regione campania ha legiferato che il parlare napoletano non è più un dialetto ma vera e propria “lingua napoletana.”Saluti e…continuate così!
Mimì Palmiero.